Tradito
Luigi Calcerano
Come
al solito lo avevano rifilato a me, un bel ragazzino, Giovanni, quindici anni,
trovato alla stazione, scappato di casa, ero la poliziotta dei casi umani. Alzava
le spalle scuoteva la testa, il volto rigato di lacrime, non ti guardava negli
occhi, sulla difensiva come un prigioniero tra i nemici. Dopo una mezz’ora
di moine e un cappuccino con cornetto preso al bar, fuori del commissariato di
via Labicana, che è sempre una buona tattica farli uscire, ero riuscita a
chiudere i rubinetti degli occhi e a fargli pronunciare una frase di senso
compiuto. “A
Sonnino non ce vòglio i!” Come
pipernese capivo benissimo quello che diceva, Sonnino e Priverno erano città
vicine e legate da contrasti di campanile, non proprio come Pisa e Livorno, ma
quasi.Solo che quell’uscita per cui avevo tanto macchinato era curiosa, non
stava nel personaggio.Era pulito, ben nutrito, zainetto griffato, certo
scolarizzato, l’uso del dialetto non poteva significare che non sapeva
parlare altro, doveva avere una sia pur incompleta competenza in italiano. M’ero
diplomata all’istituto magistrale prima di entrare in Polizia e queste cose,
assieme a tante altre, le capivo, per questo i bambini li affidavano a me, di
preferenza. Aveva
gradito il cappuccino, anche perché, allungando un po’ verso piazza
S.Clemente, l’avevo portato al mio bar preferito, uno dei più buoni di
Roma, con il cacao spruzzato a volontà ed il cuore disegnato dal principale
nella schiuma.Un po’ di schiuma gli era rimasta sul labbro superiore, dove
c’era qualche peluccio che anticipava i baffi. “Allora
Giovanni, mi dici qualcosa di te?” Alzò
ancora le spalle.“Non tenco niente da ditte , lassame perde ca vòglio
sta’ sulo.” “Se
stavi da solo non ti prendevi il cappuccino assieme con me…” gli ricordai
“Perché sei scappato di casa, i tuoi genitori erano disperati…” “So
scappato perché m’avo fatto vedé ‘na cosa pe’ n’etra!” “Chi
ti aveva fatto vedere una cosa per un’altra? Che cosa è successo di così
grave? Ora dovremmo riportarti a casa, sai?” “A
Sonnino non ce vòglio i!” Partii
con la predica ordinaria“Ma come non vuoi tornare nella tua città, dai tuoi
genitori, non vuoi bene ai tuoi genitori?Sono sicura che se gli dici quello
che ti è successo ti possono aiutare, hanno detto che ti perdonano che non
vedono l’ora di riabbracciarti!” “A
Sonnino non ce vòglio i! Tu si’ brava ma lassame perde vòglio sta sulo.” Il
sole e la bella giornata mi
convinsero a continuare l’interrogatorio all’aperto, un altro po’ di
passi ed eravamo in vista del Colosseo.“Solo!Ma stai tanto male insieme a
me?Ti sono proprio antipatica? Adesso ti porto a fare una passeggiatina qui
attorno, che ti faccio vedere il Colosseo, lo hai visto mai l’Anfitreatro
Flavio?” “Certo.Con
la scuola…Siamo venuti in gita scolastica l’altr’anno.” La
scuola gli aveva fatto scattare in automatico di esprimersi in italiano.Lo
sapevo che doveva parlar bene italiano, lo sapevo. Lo presi per mano, un po’
per seduzione, un po’ per evitare di doverlo rincorrere, se mi faceva
qualche scherzo. “Ti
posso accompagnare io da loro o far venire i tuoi genitori ed aspettare con te
fino a che vengono a riprenderti.” “Non
li si’ ancora avvisati?” “Li
abbiamo avvisati, procedura standard, ma prima di riconsegnarti, volevamo un
po’ sapere da te come stavano le cose…” Camminammo
per un po’ silenziosi, mentre ci rimuginava sopra.Eravamo arrivati a piazza
del Colosseo e continuai ad avvicinarmi con lui al monumento. “Va
be’ te lo tengo propeta a dì, così la smitte da stamme appresso!Sta cosa
ha cominciato alla scola.” Avevamo
fatto un passo indietro con la lingua!“Scusami Giovanni ma io sono del Nord
Italia,” mentii “ non ti capisco bene quando parli in dialetto…” Alzò
per l’ultima volta le spalle “La prof di Latino e Greco ci rompeva sempre
coi pedofili, di stare attenti, mancava solo dicesse di non prendere caramelle
dagli sconosciuti, se mi
spiego!” Mi
allertai, naturalmente, era la solita storia?Ma no, non era la solita storia,
stavolta. “Poi
venne anche a romperci le scatole l’insegnante di educazione fisica…” “Col
problema dei pedofili?” “No,
lui con un’altra fissazione, il doping, che nessuno di noi sapeva manco che
era!La scuola, diceva, può e
deve far molto per aiutare lo sport a liberarsi dalle sue patologie.La Berti,
che dell’educazione fisica e dello sport non gliene poteva frega’ de meno
era d’accordo. Ma lei col Màntili, il professore di educazione fisica
ciaveva il tira-tira…Lui, se
mi spiego, ci metteva la sostanza dei fatti, le parole e il resto ce le
metteva lei.” “Che
diceva, te lo ricordi?” “Certo
ho pure la memoria fotografica io!La scuola,
se mi spiego, sarebbe
testimonianza che lo sport è gioia
di muoversi, di stare con gli
altri e misurarsi, disse una volta, e
lo sport non può essere inganno.Una volta, mi ricordo bene, diceva più o
meno che noi andavamo sostenuti, informati e difesi.” “Certo
, perché la scuola ha una responsabilità educativa complessiva nei vostri
confronti.” Mi
guardò perplesso “Tu queste cose di doping le sai?” Me
ne intendevo di doping avevo partecipato a Foggia al sequestro, tra l’altro,
di 22.000 pasticche di anabolizzanti e alle indagini per
l’individuazione dei laboratori medici dove si confezionavano quei
preziosi medicinali.Bel problemino.I nostri esperti della polizia avevano
calcolato che la spesa italiana
per i farmaci con valenza doping è valutabile attorno ai 1300 miliardi di
lire, senza contare che
bisognerebbe aggiungere l’enorme volume di vendita degli integratori, in
particolare degli aminoacidi a catena ramificata e della creatina, che
valutavano in almeno 3000 miliardi di lire. “Un
po’.E’ sempre compito nostro…Qualcuno ne prendiamo, sono come gli
spacciatori di droga…” “Insomma,
batti e ribatti, avevo capito che tra scuola e doping c’era la guerra, che
il doping era contrario alla
nostra salute e, ci poteva pure costare la vita. Màntili diceva che col
doping le competizioni sportive diventano frodi organizzate,e che,
se mi spiego, co’
le pasticche e le iniezioni anche lo sport amatoriale
e quello studentesco vanno a puttane.” “Diventano
diseducativi, perdono tutto il carattere etico e istruttivo.” “
A me, se mi spiego, non
piacciono le iniezioni…” “Ma
anche nello sport delle scuole è comparso il doping?”stavolta avevo chiesto
proprio per sapere, non per fare conversazione. Mi
guardò superiore.“E perché Màntili era tanto avvelenato? Ci ha detto, ha
trovato ricerche che dicono che il sette per cento di noi si dopa
allegramente!” “Il
sette per cento!” “Già.
Ma quel che è peggio un suo ragazzo s’è ammalato ed hanno scoperto che
l’allenatore dove i genitori lo mandavano a fare sport, fuori della scuola,
a Latina, perché a scuola avevano chiesto l’esenzione,
lo riempiva di roba.” “Màntili
l’aveva preso per un fatto personale.”commentai, succede così
quando qualcosa di brutto ti tocca da vicino e ti trovi disarmato, impotente. “Era
stato tanto male, il ragazzo, dico, ed anche Màntili, credo…Vedi,
se mi spiego, a
me non importa tanto che doparsi
o ‘integrarsi’ è sbagliato, non va bene...è che ci si ammala e si muore
pure!” Ritenni
opportuno rafforzare il lavoro di quei volenterosi insegnanti.“Certo. Tutti
dovrebbero sapere che i farmaci, se non curano la salute, la
danneggiano!E poi, per doparsi, si collabora con dei veri delinquenti!” Annuì,
era stato convinto, in fondo. “La Berti aiutava come poteva.Màntili
ci diceva le cose di oggi, lei,
se mi spiego, che la frode
nello sport è antica quanto lo sport, ci raccontava le cose dell’antichità,
che il doping e l’inganno c’erano sempre stati, che all'epoca della guerra
di Troia nei giochi si potevano fare trucchi,
scorrettezze, sabotaggi.” “Questo
proprio non lo sapevo” mi finsi interessata “Ma che facevano?” “Sapessi
nell’Iliade, ai giochi funebri per Patroclo, c’è una corsa dei carri, col
figlio di Nestore che fa di tutto per
superare Menelao in curva! Una cosa che a rileggerla pare di stare alla
telecronaca delle gare automobilistiche di
Formula 1!” “Va
bene ma il doping?” “Era
magico, se mi spiego, doping per intervento
divino, gli dei aiutavano i loro protetti, gli davano forza e agilità, li
facevano nuovi nuovi!Ora Màntili era sicuro che prima o poi qualcuno ce lo
avrebbe proposto, e guardava proprio me che faccio un buon tempo nei 100 e nei
duecento, e me la cavo anche nel salto in lungo!” Un
pizzico di orgoglio era passato nei suoi occhi, subito spento.”Ma a te che
sei della polizia ti risulta davvero che ‘sta cosa si diffonde, che, se mi
spiego, tutti lo fanno e si dopano, grandi campioni come Pantani e
dilettanti?” “Io
so che le droghe basate sulla erythropoietin rappresentano una delle più
grandi vendite di medicine in Europa, non per curare le persone malate ma per
far ammalare persone sane.Sono dati statistici e le statistiche non
mentono.Come pure è aumentata la vendita di steroidi e particolarmente
dell'ormone della crescita, pure se non sono aumentate le malattie che
dovrebbero curare, non c'è una diffusione imprevista di nanismo in atto.” “Eccola
là!I dottori che ci dovrebbero curare, eh?Gli scienziati!” Lo
guardai intenerita, era un ragazzino intelligente, Giovanni di Sonnino e si
sentiva tradito dal mondo degli adulti, dal nostro mondo che non riuscivamo a
pulire, a rendere presentabile .“Che vuoi fare, Giovanni! La scienza era
entrata nello sport per studiare il fenomeno, per affinare e
potenziare le capacità atletiche, le performance, ma soprattutto per
garantire la salute e salvare l’atleta dagli eccessi ma poi i soldi e la
corruzione hanno cambiato tutto il contributo della
scienza e della tecnologia è diventato artifizio e raggiro.” “Ma
perché?” Dovevo
dirgli un po’ come andavano le cose, tanto se l’era evidentemente scoperto
da solo.“ Sai come succede, chi paga comanda e gli scienziati, finanziati
dalle organizzazioni dello sport hanno giurato fedeltà ai loro esclusivi
interessi, interessi criminosi, si sono concentrati nel compito di migliorare
a tutti i costi le prestazioni, fino a strumentalizzare gli atleti per
sfruttarne fino agli estremi limiti le possibilità, per ottenere il
record, il risultato, il fatturato.” “Màntili
dice che medici e scienziati vogliono far diventare il nostro corpo un
laboratorio chimico, poi, se
mi spiego, quello che succede, succede! E succedono guai alla
salute…Guarda, mi sono portato un po’ di cose”frugò nello zainetto
“questo è un appunto che ci hanno fatto scrivere la Berti e Màntili.” Lessi
quel pezzo di foglio protocollo “L’eritropoietina (epo) si assume per
aumentare il numero dei globuli rossi circolanti e quindi l’ossigeno, con
conseguente aumento della performance sportiva; i suoi effetti collaterali
sono l’aumento del rischio di trombosi, infarto del miocardio, ictus,aumento
della pressione arteriosa, danni renali, reazioni allergiche, shock. L’ormone
somatotropo, o ormone della crescita, si assume perché è un potente
anabolizzante e aumenta le masse muscolari, ed aumenta inoltre il consumo dei
grassi a fini energetici e risparmia gli zuccheri.; i suoi effetti collaterali
sono l’aumento della ritenzione idrica e del rischio di produrre malattia
diabetica, gigantismo, disturbi della coordinazione.” “Mio
nonno è morto per infarto, mio zio ha avuto un ictus e cià il diabete…papà
deve prendere tutti i giorni una pasticchetta per la pressione, se no può
morire, ma finché la prende sta a posto.Io,
se mi spiego, le pasticchette se non sto male non voglio prenderle… ” “Ma
certo, non le devi prendere queste cose!Qualcuno te l’ha proposto?” “Io
facevo lezione con Màntili ma facevo anche atletica a Terracina e
l’allenatore…” “Faceva
prendere il doping?” “Che
ne so? Certo, se mi spiego, ce
lo diceva spesso che ci dovevamo aiutare se volevamo combinare qualcosa.
Integratori e basta, però, niente che facesse male, certe pasticchette gialle
ed altre capsule rosso sangue che, diceva sono innocue e fanno veramente
bene.” “Fanno
bene a che cosa ?” “Vito
le ha prese e diceva così che lo facevano sentir bene, in gamba, mai stanco,
se mi spiego, in
forma, forte come un toro.” “E
tu?” “Non
le prendevo.Per prudenza, Màntili ci aveva allarmato, che si comincia con le
vitamine e poi non si sa dove si arriva. Così l’allenatore mi aveva preso
sott’occhio…non so perché mi andava contro qualsiasi cosa facessi. E io
avevo cominciato a correr male e lui mi sfotteva ed anche qualcuno degli
altri…A nessuno frega niente di imbrogliare se ti arrivano i soldi e sei
famoso. E neanche ai tifosi, mi sa, gli importa tanto se gli atleti si gonfiano i muscoli…e se poi
si sentono male!” Indicai
il Colosseo scuro che ci sovrastava.“Una volta qui c’erano i gladiatori, i
Romani si divertivano a vederli combattere e morire.Forse i tempi non sono
tanto cambiati.La gente vuole solo vedere qualcosa di emozionante e che la sua
squadra, o il campione vinca, su come questo succede chiude gli occhi…”
m’accorsi che avevo fatto più la maestra che la poliziotta, cercai di
tornare all’interrogatorio “Così, alla fine hai ceduto…” Si
fermò e si girò verso di me, cocciuto.“Ma neanche per sogno! Così alla
fine sono andato da mamma e,
se mi spiego, gli ho detto che non volevo più andare ad atletica.” “Bravo!Sei
un ragazzo con la testa sul collo, Bravissimo!” Mi
guardò con aria di sufficienza e con gli occhi gonfi di lacrime. “Bravo,
eh? Questo è successo sabato e sai cosa mi ha detto mamma? Che ero una
promessa, che non potevo abbandonare, che sarei stato selezionato, che avrei
guadagnato un sacco di soldi e sarei diventato famoso, con le mie capacità
atletiche… solo che mi dovevano aiutare se volevamo combinare qualcosa, io e
lei, capisci?Vitamine, come se mangiassi più verdura, altra roba, come se
mangiassi più carne…Integratori e basta, però, niente che facesse male,
cose che sono innocue e fanno veramente bene. Mi fa vedere le pasticchette
gialle e le altre capsule rosso
sangue, la roba che conoscevo, e
io capisco che ha parlato con l’allenatore.Che è d’accordo.” Dallo
zainetto trasse un grosso flacone pieno di pasticche gialle e capsule rosse e
me lo agitò sotto il naso. Su un’etichetta, scritta a mano c’erano le
parole “Integratori e vitamine”.Ora piangeva e io quasi non riuscivo a
parlare. L’improvvisa evoluzione del racconto mi aveva gelato.“E tu che
hai fatto, allora?” “Che
dovevo fare? Ho detto che ci avrei pensato, poi quando è andata a letto ho
fatto la borsa, ho rotto il salvadanaio, gli ho preso i soldi dal borsellino
sono scappato.M’hanno trovato alla stazione i poliziotti che girano per gli
attentati e m’hanno portato in
commissariato. Cercavo un treno per Milano, che non costasse tanto.Voglio
andare da Spillo, che sta in Lombardia, a vedere se mi aiuta, ma senza
doping.Una volta ci ho parlato, non so se mi spiego, mi conosce.” Lo
guardavo mentre un po’ della sua disperazione mi montava dentro.Spillo era
Altobelli, il calciatore dei mondiali.Ebbi un lampo di memoria, io che di
calcio mi interesso poco: è vero, era nativo di Sonnino, doveva essere un
mito per il mio Giovanni. Stavamo
dalle parti dell’Arco di Costantino, gli avevo pure lasciato la mano quando
alle spalle ci arriva uno con un vespone , ci aggira,
gli si ferma davanti e gli strappa di mano zainetto e
flacone. Prima
che potessi fare qualcosa di decente era ripartito sgommando. Sospirai
sentendomi ancor più impotente e debole, ma Giovanni non era debole e non si
sentiva ancora del tutto impotente. Scattò
come un fulmine dietro allo scippatore e per qualche metro mi sembrò un
inseguimento senza speranza, uomo conto motore, poi il vespone dovette
rallentare un attimo per evitare una smart e il mio giovane atleta
con uno scatto irresistibile lo raggiunse.Lo afferrò alle spalle per
il giubbetto, strappandolo via a forza dal vespone che continuò per qualche
metro la corsa poi rotolò in posizione orizzontale. Quando
arrivai Giovanni aveva recuperato il suo flacone, lo zainetto era per terra e
il piccolo delinquente era scappato abbandonando la moto umiliata.Era
sicuramente roba rubata. “Corri
davvero forte, eh?” gli dissi ammirata. Alzò
le spalle.“ Cheste le tenga fa’ vede’ a Spillo.”spiegò.Non ansimava
nemmeno troppo. Quella
scena d’azione m’aveva, in fondo, rianimato, e pure la corsa pulita di
Giovanni. La
testa da poliziotta cominciò a ragionare.Avevo avvertito i genitori, solo i
genitori, ci voleva poco a capire da che parte veniva quel tentativo di
eliminare le prove dei crimini che evidentemente si compivano alla palestra di
Terracina. C’era
da sentirsi di nuovo impotente e abbattuta.La madre doveva aver avvertito
l’allenatore. Forse aveva già preso qualche anticipo sui guadagni futuri
del figlio. Aveva forse genitori che non si meritava, Giovanni…ebbi un altro
momento di scoramento ma fu un attimo, poi
mi aggiustai la gonna e giacca della divisa e rialzai la testa, a pensarci, me
n’erano capitate di peggio da quando ero in polizia. “Senti,
Berruti” ma forse Berruti non lo conosceva “senti, Mennea, torniamo
indietro e facciamo qualcosa di sensato.Io non ti posso lasciar andare alla
ventura da Altobelli, che avrà le sue cose da fare e non è detto che si
possa occupare di te, che sei un minore, non so, vediamo dopo di contattarlo,
gli telefono io, te lo prometto…ma che ne dici se faccio una telefonata a
quei tuoi professori…?” “La
Berti e Màntili?” La
Berti, Màntili ed io, qualcuno doveva pur far fronte alla situazione.“Sì.Magari
vengono a prenderti loro per portarti a casa.” “Quelli
vengono,”sorrise malizioso “ non so se mi spiego, si fanno un viaggetto
insieme…” “
Sicuro che vengono, perché tu gli interessi e ti vogliono bene. E invece
quando arriva mamma tua qui, ci
faccio io un discorsetto. Magari certe cose non le capisce bene, purtroppo sul
doping le informazioni circolano poco! Sentiamo pure che ne pensa papà…C’è
quasi una omertà su questo flagello! La gente non lo sa, non capisce fin dove
si può arrivare. Le possiamo esaminare anche noi queste vitamine…Ti
prometto che nessuno ti farà mai le iniezioni di doping, Giovanni, te lo
prometto!” Mi
prese lui per mano e si diresse verso via Labicana, da dove eravamo venuti.Non
era tanto convinto dell’innocenza della madre, ma si fidava abbastanza di
me.Con la botta che aveva preso era un miracolo si fidasse ancora di qualcuno. Dovevamo
sicuramente dare un’occhiata alla palestra di quell’allenatore tanto
svelto con integratori e pasticche colorate, che conosceva gente a Roma capace
di mobilitare in fretta e furia uno scippatore. L’orgoglio
del lavoro che facevo mi rianimò per qualche secondo. Forse ne avremmo
salvato più d’uno di giovane atleta. Camminammo
in silenzio. Lo
so che, ora, non dovrei dirlo, le solite cose da donne, ma mentre tornavo al
commissariato, con Giovanni sottobraccio e
lo vedevo che procedeva accanto a me pensando a quello che gli era
successo, avvilito e deluso, mi scappò di piangere. |